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Tacchi a spillo racconto hard V.M. 18 anni

Written By Unknown on Thursday, June 20, 2013 | 7:56 AM

Stacy Keibler bent over



Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.
.....
[“Lentamente Muore” (titolo originale “A Morte Devagar”) è stata scritta nel 2000 da Martha Medeiros (giornalista e scrittrice brasiliana)]



La prima volta che vidi quelle strane Scarpe in una vetrina in un negozio del centro, Le osservai con un misto di indifferenza e perplessità.Erano un decolté in vernice nera coi tacchi altissimi e fini a spillo che, Mi immaginai, addosso a Me, che sono molto alta e snella come una fotomodella, sarebbero state piuttosto fuori luogo. Inoltre Le trovavo troppo appariscenti, sexy e, soprattutto, scomode.
Poi, passando e ripassando davanti a quella vetrina, decisi di entrare e Le acquistai.
Rientrata a casa posai la scatola nera e anonima in un angolo della Mia camera senza nemmeno aprirla e la lasciai lì per parecchi giorni.
Successivamente, durante un pomeriggio proprio quando stavo aspettando per la sera un giovane collega di lavoro con cui avrei dovuto scrivere delle lettere, notai la scatola nera e decisi di provare quelle strane Scarpe.
Ero vestita “da lavoro” e cioè con un elegante tailleur grigio scuro composto da giacca e minigonna e calze nere velatissime.
Mi sedetti su una poltrona nel Mio soggiorno e posai la scatola nera su un tavolino accanto a Me.Aprii la scatola e, lentamente, scostai la carta velina e Mi apparvero Le Scarpe, nere, lucidissime, elegantissime nella Loro forma ardita e sinuosa.
Percepii l’aroma forte del cuoio e della vernice e la cosa Mi diede un senso di piacere mai provato.
Le presi fra le mani e il Mio senso di piacere aumentò.Il Mio cuore cominciò a battere all’impazzata in preda a un’emozione mai provata.
Me Le infilai ai Piedi e il piacere e il godimento raggiunsero un tale livello che emisi un gemito di orgasmo.
Mai avrei pensato di provare queste sensazioni solo indossando un paio di Scarpe, eppure calzandoLe sentivo in Me salire emozioni di estremo piacere e, soprattutto, emozioni che non avevo mai provato di forza, di superiorità, di crudeltà.
Mi alzai in piedi e feci qualche passo.
Curiosamente sembrava che portassi quelle Scarpe da sempre:nessun impiccio, nessuna goffa andatura, anzi valorizzavano il Mio Corpo e il Mio portamento.
Mi guardai in un grande specchio che rifletteva completamente la Mia slanciata e alta figura.
Con quelle Scarpe stupende apparivo non solo bellissima ma, anche, altera, arrogante, dura, cattiva, sadica.
Annullando il Mio carattere di solito solare Mi ritrovai a pensare di dominare qualcuno, di affondare i tacchi altissimi a spillo di quelle Scarpe nel corpo nudo di un sottomesso, di distruggere psicologicamente e fisicamente un Mio schiavo fino a raggiungere un vero e proprio orgasmo sessuale.
Quelle erano le sensazioni e i desideri che Mi trasmettevano le Divine Scarpe che indossavo.
Quelle Scarpe Mi avevano trasformato in una vera Dea Dominatrice.
Feci ancora qualche passo e raggiunsi un mobile su cui erano posati un pacchetto di sigarette e un accendino metallico, presi una sigaretta, l’accesi, e tornai dinnanzi al grande specchio per vederMi mentre fumavo:ero bellissima con quell’espressione superba e altezzosa che, non solo il Mio Viso ma tutto il Mio Corpo, avevano assunto.
Improvvisamente suonò il campanello.Sul Mio Viso si disegnò uno sguardo stizzito. Chi osava disturbarMi?
Andai alla porta.
Era il Mio collega di lavoro, un giovane aitante e piuttosto belloccio, ultimo arrivato nel nostro ufficio.Più di qualche volta avevo nascosto, con una certa ammirevole comprensione, i suoi piccoli errori lavorativi.Ma adesso…
-Ciao, Ingrid.-esordì lui con uno stupido sorriso stampato in faccia.
Lo guardai sgattaiolarMi in casa con occhi carichi di cattiveria e lo colpii con un violento schiaffo sul volto con tutta la forza che possedevo senza comunque scomporre minimamente il Mio portamento Regale.
-Come ti sei potuto permettere di rivolgerti a Me con quel tono?-dissi con voce arrogante e decisa.-IO sono la tua Direttrice ed esigo la massima ubbidienza e rassegnazione.
Il giovane abbassò la testa incrociando per un istante le Mie Scarpe Divine mentre con una mano si proteggeva la guancia arrossata e gonfia per lo schiaffo subito.
Non azzardò nessun tipo di reazione né verbale né fisica.
La cosa Mi riempì di soddisfazione.
-SeguiMi.-dissi mostrandoMi seccata.
Mi andai a sedere sulla poltrona in soggiorno ed accavallai le Mie lunghe, splendide gambe mettendo in risalto le Scarpe Divine.
Lui rimase in piedi davanti a Me in silenzio e con gli occhi che fissavano il pavimento.
Mi accesi una sigaretta.Stavo scoprendo quanto poteva essere divertente dominare un uomo.
-Allora vuoi muoverti a prendere i fogli per gli appunti?-dissi con dura arroganza.-Non ho tutta la serata.
Lui scattò come una molla prendendo un blocco per appunti e una penna dalla borsa in pelle che si era trascinata dietro.
-Dove mi posso appoggiare?-disse il giovane sottomesso con una nocetta querula.
Allargai le braccia con un gesto teatrale.
-Ti devo proprio spiegare tutto?Mettiti qui, davanti a Me.
Indicai un punto sul pavimento, appena oltre le Mie Scarpe Divine.
Lui osservò il Mio dito puntare il gelido marmo con un’espressione inebetita.
-Mi… mi devo mettere… a scrivere sul pavimento?-balbettò flebilmente.
-Sì, in ginocchio.-risposi con un tono che non ammetteva repliche.
Lentamente il giovane si chinò a terra fino a che non fu disteso lungo e sdraiato di fronte a Me.
-Sei talmente stupido che non capisci quello che ti dico?-obbiettai spegnendo la sigaretta.-Ti ho ordinato di metterti in ginocchio:sei troppo comodo così.
Lui Mi lanciò un’occhiata carica di rispetto, Io quasi urlavo dal piacere di vedere un uomo ai Miei Piedi.
Senza fiatare si rannicchiò fino a trovarsi genuflesso davanti a Me:in quella posizione era davvero scomodo scrivere.
-Vieni più avanti, verso di Me.-ordinai.
Lui strisciò in silenzio venendosi a trovare a pochi centimetri dalle Scarpe Divine.
-Ancora.-insistetti inflessibile.
Si avvicinò talmente tanto che praticamente toccava le Mie Calzature solo osando alzare leggermente la testa.
Per oltre due ore lo costrinsi a scrivere una marea di inutili appunti.Sadicamente, ogni volta che tentava di alzare il capo, ricominciavo a dettare frasi insulse obbligandolo a restare chino sul suo blocco per appunti.
Già dopo un quarto d’ora che stava in quella scomodissima positura notai la sua estrema sofferenza:le sue gambe avrebbero voluto distendersi per permettere la circolazione del sangue ma Io, crudelmente, non gli concessi il minimo movimento fino a che i suoi arti doloranti dapprima cominciarono a tremare poi restarono immobili e rigidi come blocchi di marmo.Lui, dal canto suo, non osava ribellarsi al Mio durissimo strapotere.
-Va bene, basta.Sono stanca.-dissi infine.
Il Mio giovane sottomesso sentendo quelle parole credette di essere libero:solo Io sapevo quanto si sbagliava.
-Dammi i tuoi appunti.Voglio vedere che cosa hai scritto.-gli ordinai.
Lui prese il blocco e me lo allungò distendendo il suo inutile corpo per qualche istante:i suoi gemiti di dolore Mi fecero intuire quanto soffriva.Provai un immenso piacere nel vederlo star male ai Miei Piedi.
Presi i fogli che Mi porgeva, li posai sulle Mie gambe accavallate e Mi accesi una sigaretta mentre lui rimaneva immobile inginocchiato di fronte a Me.
Cominciai a leggere calmissima:non avevo nessuna fretta di far terminare quel sadico supplizio, anzi, desideravo farlo continuare ancora per parecchio tempo tanto era il godimento che Mi provocava.
Mentre leggevo notai che lui, probabilmente per alleviare la pena delle gambe anchilosate, aveva abbassato il petto alzando leggermente le natiche in modo da distendere, per quanto gli era possibile, gli arti inferiori.
Per qualche secondo trovai molto soddisfacente il fatto che egli non osasse reagire al Mio Potere alzandosi in piedi ma non potevo accettare che disubbidisse ai Miei Supremi ordini permettendosi di sciogliere la rigida positura che gli avevo imposto.
-Io non ti pago per stare a guardarMi.-dissi imperiosa e lui, come un cane bastonato, si riabbassò immediatamente.-PulisciMi le Scarpe!
Il giovane lanciò un’occhiata alle Mie Divine Calzature, poi si guardò intorno come se cercasse qualcosa.
-Dove posso trovare un panno per… -disse con una vocina flebile e tremante.
Scostai i fogli che stavo leggendo fissandolo dall’alto della Mia posizione.
-Come?-chiesi stizzita.
Lui Mi guardò con estremo terrore.
-Mi chiedevo come fare per lucidare le Sue elegantissime Scarpe, Direttrice.-disse con un filo di voce.
-Ti devo proprio insegnare tutto!-sbuffai indispettita.-Non hai forse un inutile lingua?Usala.
-Ma io… -osò ribattere il giovane.
-Prego?-risposi con un’aria sadicamente minacciosa.
Il ragazzo abbassò lo sguardo sul pavimento, poi lo rialzò osservando sconfortato le Mie Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo.Non disse nulla e si allungò sulla Calzatura tenuta sollevata dall’accavallamento delle gambe.Un istante dopo sentii la sua lingua leccare la tomaia lucidissima.Un orgasmo mi fece rabbrividire di piacere.
Mentre lui continuava in umile silenzio a leccarMi le Divine Scarpe Io feci finta di rimetterMi a leggere.In realtà godevo immensamente di quella situazione:la Mia vagina, totalmente dilatata per l’eccitazione, era umida di piacere, la Mia mente estasiata si immaginava crudeli, e divertenti, torture da infliggere al Mio schiavo per il Mio più lussurioso orgasmo.
Il Mio desiderio più grande, in quel momento, era di frustare, calpestare, torturare, umiliare, degradare, distruggere un uomo…
-Anche il tacco a spillo.-dissi arrogante.
Il giovane si chinò in avanti per lucidare con la sua ignobile lingua il tacco delle Mie Scarpe Divine anche perché Io non lo aiutavo minimamente nell’espletare quell’umiliante servizio.
Comunque, potei notare alzando la punta della Scarpa Divina che il Mio neo schiavo stava leccando senza curarMi che con quel gesto gli ficcavo violentemente il tacco altissimo a spillo in bocca, lui stava facendo un ottimo lavoro.
-Sei inutile anche come lecca-Scarpe!-esclamai, ovviamente.
Sciolsi l’accavallamento delle gambe e, per pochi secondi, allargai le cosce per vedere il comportamento del sottomesso.Lui, invece di sbirciarMi sotto la minigonna, abbassò gli occhi con un gesto carico di rispetto.
Ne fui veramente soddisfatta:il ragazzo appariva un eccellente schiavo.
-L’altra Scarpa.-ordinai riaccavallando le gambe.
Lui si chinò repentinamente sulla seconda Calzatura Divina.
Cominciai a chiederMi se quel giovane fosse già stato uno schiavo masochista e che quindi aveva sempre nascosto, in ufficio, la sua tendenza a essere sottomesso a una Dea Dominatrice come Me oppure se, quella sera, avevo domato un cavallo selvaggio utilizzando la Mia forza, la Mia superiorità, il Mio sadismo.
Preferii credere nella seconda ipotesi confermando il crudele sadismo che in quella serata si era impossessato di Me da quando avevo indossato le Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo.
Effettivamente, in meno di un minuto, la Mia vita era cambiata solo indossando quelle straordinarie Calzature.
Fino a poche ore prima ero solo una semplice Direttrice di un noioso ufficio di un’agenzia di assicurazioni adesso ero una Dea Dominatrice sadica e crudele.
Mentre ero immersa nei Miei pensieri notai che lo schiavo era inginocchiato immobile e con il capo chino.
-Perché hai smesso?-chiesi rabbiosa.
Lui non osò alzare la testa.
-Ho terminato, Direttrice.-rispose umilmente.
Effettivamente le Scarpe Divine erano lucidissime pur tenendo conto che erano perfettamente nuove.
Non avevo ancora deciso cosa fare con lo schiavo e la cosa Mi stizzì non poco.
-Non Mi hai pulito la suola.-dissi cattiva.
Per agevolargli il compito gli mostrai benevola la suola.
-Devo… leccarLa?-chiese flebile lui.
-Certo.Muoviti!-gridai rabbiosa.
Con estrema sottomissione lo schiavo iniziò a leccare la suola.La cosa Mi provocò un ulteriore orgasmo molto più forte del precedente.
Quando stavo per porgere la suola della seconda Scarpa Divina Mi venne una splendida idea per terminare la serata.L’idea Mi riempì d’orgoglio e sorrisi sadicamente.
Quando finalmente decisi di passare a un gioco più duro lo schiavo stava ancora leccando la suola della seconda Scarpa Divina.
Per farlo smettere gli diedi un calcio in faccia, leggero ma deciso.
-Basta adesso, Mi hai stancata, sei proprio inutile.-dissi.-Mettiti in ginocchio con il busto eretto.
Attesi che lo schiavo si posizionasse come gli avevo imposto:ci mise più del tempo necessario in quanto era chinato da troppo tempo e le gambe non gli rispondevano più.
Lo vidi alzarsi godendo della sua fatica e della sua sofferenza.
Quando fu in posizione gli ordinai senza mezzi termini di sfilarsi la camicia obbligandolo a restare a torso nudo.Devo ammettere che possedeva un fisico eccezionale:i muscoli del petto e dell’addome erano infatti perfettamente modellati come quelli di un culturista.
Uno schiavo nerboruto, quindi.Avrei avuto più compiacimento nel distruggerlo.
Gli passai una mano sul petto per saggiarne la forza.Presi, poi, la sua camicia e con un gesto secco la strappai in due ottenendo due stracci.
-Girati, spalle a Me.-ordinai.-E metti le braccia dietro la schiena.
Perplesso il giovane eseguì l’ordine.
Con uno dei due pezzi della camicia strappata gli legai i polsi in maniera molto stretta.
Quando fu legato tentò di divincolarsi ma non ci riuscì.
-Sdraiati sul pavimento con la schiena in basso.-dissi.
Totalmente sottomesso, sebbene un po’ titubante, si distese.Con l’altro straccio gli legai le caviglie immobilizzandolo completamente.
Guardai con soddisfazione il Mio operato.Mi accesi una sigaretta ed iniziai a girargli intorno lentamente.
Lui fissava il soffitto della stanza sudando freddo.
Mi immaginai il suo strazio nel sentirsi picchiare nel cervello il ticchettio ritmico ed angosciante dei tacchi a spillo delle Mie Scarpe Divine.
Ogni tanto lasciavo cadere la cenere della Mia sigaretta sul suo corpo nudo più che altro per degradarlo dato che la cenere giungeva su di lui praticamente fredda.
Quando però la sigaretta fu terminata gettai il mozzicone acceso sul suo petto e, sadicamente, appoggiai sopra una Scarpa Divina senza premere troppo ma facendo in modo da fargli percepire il maggior dolore possibile.
Il giovane schiavo rispose alla tortura contorcendosi e gridando senza però ottenere nulla.
Non volevo avere pietà di lui.
Dopo qualche secondo il giovane si ricompose restando immobile nella posizione in cui lo avevo obbligato a stare.
A parte i lamenti e i sussulti di dolore lui non azzardò nessuna reazione al Mio Potere e questo Mi riempì di superbia in quanto, con il suo comportamento, riconosceva la Mia forza e la Mia superiorità.
Ricominciai a passeggiare tranquillamente intorno a lui.
I suoi respiri affannosi e il suo corpo sudato e tremante Mi facevano capire quanto temesse il Mio sadismo e la cosa, inutile dirlo, Mi dava un immenso piacere.
Improvvisamente Mi fermai, proprio di fianco allo schiavo, e posai una delle Mie Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo sopra il suo torace, poi, con un movimento leggiadro ed elegante, feci leva sul suo umilissimo corpo e salii completamente sopra di lui appoggiando l’altra Scarpa Divina sul suo addome muscoloso.
La reazione del giovane al supplizio fu inutile quanto disperata:sebbene non fossi particolarmente pesante, il Mio Corpo Divino era alto e slanciato, cercavo di aumentare al massimo la sofferenza del Mio soggiogato utilizzando al meglio la Mia principale arma di sevizia, i Miei altissimi e affilatissimi tacchi a spillo, imprimendo sopra di Loro tutta la Mia forza e il Mio peso.Il risultato era che i Miei tacchi a spillo affondavano duramente nella carne dello schiavo mentre lui, dato che praticamente lo inchiodavo a terra, poteva solo urlare la sua pena estrema che era direttamente proporzionale al Mio godimento.
Restai in quella posizione per due o tre minuti, poi scesi dallo zerbino umano per valutare gli effetti del trattamento.
Due piccoli ma evidentissimi lividi bluastri apparivano sulla pelle rosea ed integra dello schiavo che, durante la tregua, aveva cominciato a respirare a pieni polmoni cosa che prima, con Me sopra di lui, non poteva fare.
-Ti è piaciuto?-chiesi con una nocetta arrogante.
-Basta, per pietà!-gridò lui con forza.
-Ho appena cominciato, verme.-dissi sadicamente.-Quando avrò finito il tuo inutile ed ignobile corpo sarà ricoperto di lividi e sangue.Tutto questo solo ed esclusivamente per il Mio piacere.
Non attesi di sentire l’urlo con cui, disperato ed angosciato, tentava di impietosirMi e risalii crudelmente sopra di lui facendo nuovamente affondare i Miei tacchi a spillo nel suo corpo.
Questa volta, però, non Mi limitai a stazionare sopra lo schiavo ma iniziai a saltellargli sopra con il risultato di conficcare più profondamente i tacchi altissimi a spillo nel suo corpo.Sottoposto a questo martirio brutale lui cominciò a piangere disperatamente divenendo paonazzo e gridando violentemente il suo tormento.
“Grida pure, bastardo.” Pensai sorridendo mentre continuavo a saltare sopra di lui “Godo nel sentirti morire.”
Dopo oltre mezz’ora di ballo sfrenato sul corpo del sottomesso decisi, ormai stanca, di scendere per valutare gli effetti del trattamento.
L’uomo continuava a singhiozzare sommessamente mentre dalle labbra biancastre gli usciva un rivolo di saliva bavosa.Il suo busto appariva martoriato dalla Mia crudeltà:la pelle era ricoperta di lividi rosso-bluastri, marchi prodotti dai tacchi altissimi a spillo e, in alcuni punti, il sangue fuoriusciva copiosamente andando a imbrattare il pavimento marmoreo.
-Molto bene.-dissi soddisfatta del Mio operato.
Mi sedetti sulla poltrona posta dinnanzi al corpo distrutto dello schiavo, accavallai le gambe tranquillissima e Mi concessi una sigaretta.Decisi di aspettare e slegare lo schiavo perché, seppur avessi goduto come mai prima nel massacrarlo, sentivo che mancava ancora qualcosa per raggiungere a pieno la Mia libidine sadica.
Pensai a quale altra tortura sottoporlo mentre gli gettavo la cenere della sigaretta sulle ferite aperte e sanguinanti.
Scoprii salire in Me il desiderio, naturale per una vera Dea Dominatrice sadica, di frustare il Mio schiavo ma Mi accorsi tristemente che, avendo notato solo in quella serata le Mie tendenze crudeli, non possedevo nessuna frusta.
Poi, improvvisamente, Mi venne un’idea straordinaria.
Mi alzai in piedi, Mi avvicinai allo schiavo e Mi chinai accanto a lui.
Senza la minima pietà spensi il mozzicone acceso della Mia sigaretta nell’ombelico nudo ed indifeso del sottomesso e restai chinata immobile ridendo dei sussulti del suo corpo straziato.
Dopo gli slacciai la cintura dei pantaloni e gliela sfilai con un gesto secco, quindi la piegai in due ed impugnai le due estremità.
“Ecco la Mia prima frusta.” Pensai mentre la facevo schioccare con forza in aria.
Guardai minacciosa lo schiavo con un sadico sorriso.
Lui capì immediatamente cosa l’aspettava tanto che cominciò a piagnucolare disperatamente.
-E’ inutile che fai tutti questi versi.-dissi calmissima.-Tanto Io ti frusto lo stesso.
Con fredda determinazione appoggiai una Scarpa Divina sulla testa dello schiavo, obbligandolo a piegarla verso il gelido pavimento, con la suola posata sulla tempia e il tacco altissimo a spillo che gli schiacciava fortemente una guancia andando a posarsi sulle arcate dentarie.
In quella posizione, con lui immobilizzato completamente, sembravo una Cacciatrice pronta a uccidere la Sua preda indifesa.E così Io Mi immaginavo di essere.
Totalmente priva di rimorso iniziai a colpire lo schiavo con la rudimentale frusta.
Decine e decine di frustate date con la massima forza che Mi era permessa.
Ogni staffilata lasciava sul corpo del sottomesso un nuovo livido che si aggiungeva agli altri centinaia prodotti dai Miei tacchi a spillo, inoltre, quasi ogni frustata apriva sulla pelle di lui, già duramente maciullata, una nuova, profonda ferita zampillante sangue.
Continuai con quello spietato martirio infierendo sullo schiavo finchè non fui stanca ridendo, ridendo, ridendo di piacere.
Poi lo slegai.
Altri meravigliosi orgasmi si susseguirono durante la sessione di fustigazione agevolati dal fatto che sentivo, con libidine, i mostruosi gemiti di sofferenza del Mio giovane schiavo.
Alla fine mi risedetti sulla poltrona, accavallando le gambe e accendendoMi una sigaretta, appagata da tutto il dolore che avevo inflitto.
Mi guardai le Scarpe, le Mie Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo che, con il Loro immenso Potere Mi avevano aperto gli occhi su una parte di Me che non conoscevo:il lato duro, crudele e sadico del Mio carattere che fino ad allora avevo nascosto ma che, da lì in poi, sarebbe stato parte integrante e fondamentale di Me.
Mentre ero immersa in quegli splendidi pensieri notai che lo schiavo, pur terribilmente distrutto, strisciava con ostinata determinazione verso di Me, lasciandosi dietro una scia di sangue.
Giunto davanti alle Mie Divine Calzature utilizzò l’ultimo guizzo di energia che gli restava per allungarsi a baciarLe, poi debolmente mormorò:
-Grazie, Direttrice.
Quindi svenne cadendoMi ai Piedi.
Vedendo quella scena e sentendo quelle parole arrivò, per Me, un ultimo, indimenticabile, orgasmo di piacere che Mi fece emettere un lungo, profondo gemito lussurioso.



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