Per la festa dei quaranta anni di matrimonio dei miei zii, una tranquilla coppia di contadini, c’era tutta la famiglia. Avevano prenotato in un ristorante in una villa di campagna ed eravamo una trentina di parenti. Durante la cena cercavo di distrarmi ma il vestito della zia sembrava fatto per esaltare la sua esagerata, quasi caricaturale, femminilità. Intendiamoci, non era scollata oltremisura, ma il maglioncino metteva in risalto il volume delle bestiali tettone, larghe porzioni di morbida carne bianca erano comunque a disposizione del mio sguardo furtivo. Ce lo avevo duro, era piacevole ed era irritante. Tra i parenti ero comunque solo io a sbavare per le tette della vecchia. Mia zia Vanna, 58 anni, sorella maggiore di mia madre, aveva acceso la mia fantasia sessuale sin da quando avevo dieci anni. Sognavo di fare sesso con lei. Il corpo di quella donna era una mostruosa esagerazione, praticamente era tutta seni e culo. A 16 anni, in preda alla libidine, per la prima volta ci avevo tentato. Lei ne aveva 44, era sposata da 25, aveva due figli (i miei cari cugini) più grandi di me. Eravamo nella stalla per guardare un vitellino appena nato, io avevo la testa annebbiata di voglia, il cazzo che urlava nelle mutande e le sfiorai il culo, il solco delle natiche, con la mano. Lei non reagì e io scambiai questo silenzio per un invito a proseguire. Ero timido, appoggiai la mia erezione al suo culo e a questo punto lo sguardo che mi lanciò, un’occhiata così fulminante, dura e scandalizzata, non fu facile da digerire e dimenticare. Per fortuna era mia zia e io, Luca, un bravo ragazzino studioso e occhialuto e la cosa non ebbe conseguenze. Certo è che per anni quel tentativo andato male mi inibì. La spiavo, mi godevo le scollature, mi masturbavo freneticamente immaginandola a cosce larghe, porca e scatenata. Un’estate di un paio di anni dopo fu lei a trovare, con mio ulteriore grande imbarazzo, i giornali porno con signore poppute che servivano per eccitare la mia fantasia. Poi ci fu l’università, le fidanzate. Ogni tanto me lo menavo ancora immaginandomi di immergere il mio sesso tra le sue bianche natiche, ma le lunghe estati di vacanza si ridussero a pochi giorni frenetici, con cugini, tanti parenti e bambini: I miei zii erano diventati nonni. Adesso erano passati tredici anni; la zia si era appesantita, aveva i capelli bianchi e qualche ruga sulla fronte e sul collo, doppio mento, rotonda pancetta e le tettone erano diventate ancora più esorbitanti. L’idea di fottermi quella vecchia bigotta con corpo da troia mi attizzava ancora di più. Mi chiesi se lo zio fosse ancora attivo sessualmente, se fosse in grado di avere rapporti. Invidiavo quell’uomo. Mi immaginai di sostituirmi a lui quella sera per scoparmi la zia. Alla festa, all’oscuro di tutti i presenti, avevo una gran voglia segreta di festeggiare io con la vecchia. Naturalmente un desiderio folle, privo di prospettive. Verso le undici gli ospiti cominciarono ad andare via. Dopo due ore di continua erezione io non mi decidevo ancora. Chissà cosa aspettavo. Lo zio aveva bevuto troppo, aveva sonno e toccava a mio cugino Turi, accompagnare i suoi genitori nella casa di campagna. Turi ha una moglie petulante e dei piagnucolosi figli piccoli. Pensando allo stato sonnolento dello zio e alle curve prosperose da vacca della zia, agii di impulso, e mi proposi di andare io a dare un passaggio alla coppia. Non dovetti insistere troppo. Tutti me ne furono grati. In auto, lo zio dietro si mise a ronfare. La zia passò la cintura fra i seni e poi, vista la loro ingombrante consistenza,preferì passarla di lato. Il mio cazzo era un palo di ferro, nascosto alla vista da stretti pantaloni e dalla giacca blusante. Osservai le ginocchia bianche e lucide, l’attacco della coscia. Qualcosa dentro di me invocava coraggio, dovevo provarci. Misi in moto, dopo un po’, sentendo lo zio russare, provai a lanciarmi. Le feci qualche complimento sul suo vestito e poi di brutto andai subito al sodo. Le chiesi che misura di reggiseno portava. Mi guardò esterefatta e io sorrisi, fingendo innocenza, e inventai che una mia amica aveva un petto simile e dovevo regalarle un costume. La zia sembrò un po’ imbarazzata, ma poi mi disse che aveva una ottava e che era difficile da trovare, e poi, un po’ lasciandosi andare. aggiunse che le dispiaceva per la mia amica, che era giovane e che un petto così grosso era un problema, risposi sorridendo che a me le tette grosse piacevano un sacco. La zia non replicò e rimase in silenzio. Arrivammo in campagna e la aiutai a tirare giù lo zio. Lo portammo sul divano, dove il vecchio si distese e continuò a russare. La zia mi preparò un caffè e intanto sentivo di non potere più resistere. Mi avvicinai e glielo chiesi: “Per favore zia. Fammele toccare”. La zia mi guardò per un paio di secondi. Lo sguardo non era duro e la voce non era di rimprovero, ma il rifiuto fu netto: “Domandalo alla tua amica, io sono tua zia e sono vecchia”. “Zia, sei molto meglio della mia amica” mormorai. Lei scosse la testa, facendomi imbarazzare. Balbettai“E’ che … ho desiderio da tanto tempo, cavolo scusa”. Mi girai e scappai. Mi sedetti in auto, fremevo di voglia e di vergogna che avevo fatto? Che comportamento infantile. Ero un professore di 29 anni che cullava un’idea assurda di incesto, dovevo scusarmi. Dirle che avevo bevuto. A malincuore scesi e ritornai mogio mogio indietro. La porta era socchiusa, entrai, lo zio era ancora sul divano che dormiva, la zia seduta al tavolo, con uno sguardo perso davanti al caffè, mi vide e cambiò faccia. Si alzò di colpo, ed ebbi l’impressione che il suo mastodontico seno sussultasse con un ritmo sostenuto. Si avvicinò, mi prese una mano e se la portò diretta sul petto. Chiese: “Ti piacciono le vecchie?”. Come un automa feci sì con la testa. Ero annichilito, che succedeva? la zia ci aveva ripensato! Mi sussurrò: “Sali in camera da letto che chiudo le porte e vengo da te, vai”. Cazzo cazzo, stava succedendo! Bastava insistere! Come in estasi mi mossi, mentre la zia chiudeva la porta della cucina e poi quella del saloncino. Mi ritrovai nella camera da letto degli zii, il promettente lettone matrimoniale dove avevo infinite volte avevo sognato di fotterla e che adesso, non ci potevo credere, poteva diventare il mio paradiso. Forse appena ero scappato, si era guardata intorno, la festa finita, lo zio che russava… credo che avesse sperato che tornassi indietro. Cazzo da non crederci. Dai rumori, compresi che era andata in bagno, si stava lavando per fare sesso con me! Il cuore mi batteva folle. Sentii lo sciacquone del cesso, la zia entrò subito dopo, chiuse la porta dietro di sé. Un attimo dopo ci abbracciammo; sentii la pressione del petto sul mio, il fiato caldo, mentre le nostre mani cercavano con frenesia parti di corpo proibite sino a un attimo prima. Io cercavo di avvinghiarle seni e glutei, liberandoli dalla stoffa, lei trovò subito il mio sesso duro. Cercai di baciarla, ma lei mi alitò nelle orecchie trasmettendomi una voglia che non avrei mai immaginato: “Ti tira! Che duro, che duro, oh Luca come come è bello duro”. “Sì zia e sei tu che me lo fai diventare duro” . “Oh che desiderio! Che desiderio”. Non ci potevio credere, la zia non nascondeva la sua voglia. Con le dita mi stava liberando la patta, una mano affondò dentro le mie mutande mentre io le alzavo la gonna e cercavo con i polpastrelli la carne delle natiche. Mi tirò fuori il cazzo mentre ansimava. “Oh che bello duro. Aspetta” disse, “Aspetta che mi spoglio”. Mentre mi toglievo i pantaloni, la zia fece scivolare la gonna, scoprendo bianche e morbide cosce, orribili mutandoni color panna, che repentinamente si calò. Le pieghe della panza coprivano in parte il pube dal pelo ancora nero. “Sono vecchia...” constatò, notando il mio sguardo. Con un sorriso le feci notare il mio pene squillante “Zia guarda come me lo fai tirare”. La cosa la tranquillizzò, con una faccia compiaciuta dell’effetto che suscitava mi mostrò civettuola il culo, grosso, adiposo, ma infinitamente invitante, morivo dalla voglia di affondare mani, faccia, cazzo nel solco delle natiche, e poi si sollevò il maglioncino. Le bianche mammelle erano strizzate da un reggiseno dello stesso colore delle mutande ma che sembrava sul punto di scoppiare. “oh cazzo, oh cazzo” mormorai, mentre lei, semi-divertita dalla mia faccia, sganciava l’indumento. Due bestiali cocomeri di carne bianca, culminanti in capezzoli scuri della dimensione di una mela, e rivolti verso il basso, riempirono l’orizzonte. Erano i seni più grossi e arrapanti che mi fosse capitato di vedere dal vivo. E la zia me li stava offrendo. Mi trovai a massaggiare a palmi aperti quelle meraviglie. Mi chinai a ciucciarle i turgidi capezzoli, in basso le nostre mani si incontrarono, ognuno di noi stava cercando il sesso dell’altro. Prese la mia mano e la guidò sulla morbida pelosa patacca, poi mi afferrò il cazzo e iniziò a masturbarmi. Era bellissimo, era fantastico, la mia brama per quel corpo, la mia sete sessuale si stava abbeverando a quelle mammelle mature, gonfie, frutti proibiti e magnifici, con le dita sentivo che la fica era robusta, matronale, tutte le zone erotiche della vecchia erano esagerate, sovradimensionate, mi sentivo in paradiso! “Magnifica, magnifiche” e non si stancavo di palpare, leccare; la zia del resto continuava a stimolarmi il sesso ed era immensamente piacevole avvertire, lungo l’asta, l’anello nuziale che scorreva. Con delicatezza la invitai a stendersi sul letto, mi strappai di corsa il resto degli indumenti, presentandomi a lei nudo ed eccitato. Le allargai le cosce e poi, come in un rituale ancestrale, mi inginocchiai davanti a lei, baciai prima un capezzolo, poi l’altro, poi l’ombelico e poi poggiai la bocca sulle grandi labbra di mia zia. E diedi un bacio lungo, intenso, morbido e caldo, la mia lingua entrò in azione e la zia ansimò rumorosamente. Alzò in alto le ginocchia e roteò il bacino per offrire tutta la fica alla mia bocca e sentivo la vagina schiudersi, il sapore della fregna calda, ondulando il bacino la vecchia mi stava letteralmente sfregando in faccia la sua fica. Mi carezzava la testa e aveva sollevato le cosce, avendo roteato il bacino, come una rana capovolta, con un ulteriore passaggio di lingua intercettai l’ano e fu una sorpresa, poiché era anch’esso bestialmente grosso e perché la zia lanciò un inaspettato sussulto lamentoso molto troiesco. Mi scostai e misi a fuoco il buco del culo, la zia teneva sollevate le ginocchia e mi consentiva una buona visione: una protuberanza del diametro di un uovo e di colore rosa tendente al grigio, il foro di una vacca!; incuriosito provai a piazzarvi la lingua, lei sussultò e mugolò in modo prolungato; forse la zia aveva cagato da poco un robusto stronzo (avevo sentito lo sciacquone!) che le aveva lasciato il retto rilassato, perché la mollezza delle carni mi sembrava eccessiva e perché avevo sentito in bocca l’inequivocabile sapore amarognolo della merda, mescolata a sapone e sudore fresco. L’attimo dopo il meato si contrasse, serrando con forza la punta della lingua. A ogni modo in una frazione compresi tre cose: 1- Quel culo era potente e spanato, cioè conosceva il cazzo, sapeva come succhiarlo, e non c’erano versi, lo zio glielo doveva avere ficcato dentro; 2- contrariamente a ogni idea preconcetta su una cinquantenne bigotta, alla zia prenderlo in culo non dispiaceva; 3- Ficcargliela in culo sarebbe stato magnifico. Mentalmente ringraziai lo zio, poi ricominciai a leccarle la fica, come un cane devoto, mentre pigiavo un dito medio nel caldo ano. Il respiro lamentoso della vecchia era pesante e adesso tradiva goduria allo stato puro. Non ce la facevo più e mi misi velocemente in posizione, puntai il glande all’imbocco della gnocca, Con le dita lei si assicurò che la posizione del mio cannolo fosse corretta. Ci guardammo negli occhi, e poi all’unisono ruotammo i nostri ventri e insaccai il mio sesso nel suo. Dopo secondi in cui restammo fermi in preda a un inebriante piacere, iniziammo a muoverci, a fottere. La zia finalmente mi sorrise, ed eravamo infoiati da morire e stavamo facendo le corna allo zio, che russava nella stanza vicina! Ed ebbi subito la sensazione chiara che i nostri corpi, i sessi fossero perfettamente affiatati, come se in pochi minuti avessero preso le misure. La fica della zia era calda e accogliente, la vulva si contraeva con lo stesso ritmo con cui immergevo il cazzo, E il gusto prodotto dallo sfregamento di membrane era tale che, anche stando sotto, lei muoveva il bacino e teneva sollevate le ginocchia, quel tanto che glielo consentivano le massicce mammelle. Iniziò ad ansimare e sudare mentre infoiato, in preda a una libidine inebriante, la fottevo come mai aveva pensato potesse accadere. Ficcare era bellissimo. Il calore e il godimento esplodeva dai centri nervosi del mio cazzo e si propagava nel basso ventre, nel torace nel petto e osservare la zia che respirava focosamente, vedere i meloni sobbalzare ad ogni colpo e intuire che le contrazioni potenti della sua fica sembravano coordinate con i miei affondi e con le contorsioni del collo e lo spalancarsi affamato della sua bocca, era incredibilmente porno, arrapante. Penso che per lei, nonostante il grande affetto familiare, dovesse interpretare la situazione come una incredibile, imprevista e goduriosa rivincita, lei la povera contadina che non aveva studiato, la sempliciotta sorella maggiore che nessuno considerava e che si era sacrificata in una vita casalinga e nel lavoro di campagna, lo aveva fatto diventare duro a un professore di 29 anni e ora si stava facendo scopare da questo suo nipote, dal genio di famiglia, che pur avendo studiato, gloria di tutta la parentela, stravedeva per le sue grasse tettone e per il suo vecchio culo. Con questi turbinosi pensieri, che indovinavo, mi offriva le titaniche mammelle, con questa smania giunse all’orgasmo e venne con un lungo sussulto. Ne approfittai per riposarmi. Fottere con quel vecchio troione era fantastico, ma spossante. “Ti sei stancato?” mi chiese amorevole. “Un poco, ma ti fotterei fino a crepare, zia”. Mi toccò con le dita la bocca e guardandomi negli occhi: “Fammi mettere di sopra”. Con gratitudine, mi stirai mentre lei si sollevò, con fare impacciato, ma con uno sguardo che tradiva brama carnale mi carezzò il petto: mi aspettavo che a questo punto lo prendesse in bocca, ma mia zia non doveva essere una grande esperta di film porno o roba del genere, e me la trovai piuttosto a cavalcarmi e a reinserire nella fessura la mia minchia. Senti il calore e la pressione sul glande e mi ritrovai davanti agli occhi le mastodontiche tette, più gloriose e arrapanti che mai! Che spettacolo! Che carni arrapanti. E il piacere sessuale mi inebriò il cervello, mentre la zia alternava uno sfrenato sfregamento avanti e indietro, che avvicinava i suoi capezzoli alla mia bocca del nipote, a inebrianti saltelli a smorza candela. “Fotti come una dea” le dissi, mentre dalla bocca della zia usciva un ritmico “Sì! Sì Sì che bello, bello. Sì!” Sarà stato incesto, saranno state corna, era certamente uno sconcertante peccato sessuale, ma questa bestialità che stavo compiendo insieme era incredibilmente libidinosa proprio per questo. Per me certamente, ma credo anche per lei (che ora diceva cose irripetibili, in dialetto, e offese gratuite a buona parte della parentela), la goduria dell’accoppiamento era accentuata a dismisura dal fatto che lo stavo facendo con un caro familiare, con una persona con cui avevo intessuto rapporti garbati e innocui per anni. Ora stavamo fottendo come dannati. Quando venne per la seconda volta in un glorioso sobbalzo di molli, gonfie mammelle e di turgidi capezzoli, a stento sono riuscito a trattenermi. Strinsi i denti, mentre un mezzo fiotto di sborra si liberava. Con uno sforzo di volontà interruppi l’eiaculazione, mentre la zia, inebriata, sussultava ancora. La vecchia si scosse, si sollevò per liberarsi dal pene, respirò e poi si lasciò andare in avanti. Gli enormi air bag di cui era dotata piombarono sul mio petto. Pensai: “Che gran porca, che scopata magnifica”. Le carezzai i capelli lentamente, mentre la forma del culo mi attirava e una mano scendeva a carezzare gli adiposi glutei. Il mio pene era ancora durissimo. Con le dita stuzzicai l’ano. “Zia, ho sempre sognato che tu fossi una gran troia….”. Lei si sollevò, lasciandomi ancora stupito per la dimensione dei seni. Si raggomitolò, mettendosi in ginocchio, e anche se non lo disse era chiaro l’imperativo che quelle chiappe bianche ordinavano: “Inculami”. Non mi feci pregare. Mi misi dietro di lei che divaricò i talloni per farmi posto e con le mani separò le natiche. Puntai il glande all’imboccatura del foro osceno e spinsi. Le pieghe molli che circondavano l’ano si tesero verso l’interno. Dopo un iniziale successo però la penetrazione diventò più ardua e dolorosa, aumentai la pressione, ma ebbi paura di fare e di farmi male. La zia respirava rumorosamente e cercava di aiutarmi imprimendo una pressione contraria. Il mio cazzo duro era piegato per la tensione e all’improvvisò svirgolò, forse la zia era tesa, ma il suo culo che sembrava così disponibile e accogliente non sembrava facile da sfondare. Si giustificò. “Non lo faccio da tanto tempo, aspetta, nel cassetto ci deve essere della vaselina” e mi indicò il comodino. Con un balzo mi scostai, apri il cassetto e trovai il tubetto verde semiusato e con dei peli pubici attaccati al tappo. Mi spalmai sul glande un po’ di crema, e lei suggerì: “Mettila un poco anche a me”. Presi una grossa goccia con l’indice, allargai con i palmi le bianche natiche e spalmai la crema intorno all’anello e sin dentro lo sfintere. “Sì’ acconsentì la zia impaziente. “Ora infilalo”. Ci rimettemmo in posizione e stavolta al primo colpo il mio cazzo affondò senza sforzo. Il retto della zia era più stretto della fica, ma il lubrificante attenuava le differenze. Vedere sparire, aspirata da potenti risucchi, la minchia fra le chiappone molli della vecchia era uno spettacolo, e quando la zia iniziò a pompare in modo spasmodico, a succhiare con i potenti muscoli sfinterici, compresi che non avevo mai provato nulla di simile. Le contrazioni dell’ano sul pene mi impegnavano a darci dentro, ad assecondare l’inculata, tenendo il ritmo che quella troia voleva. Mi sollevai sui piedi e per un secondo rimasi in equilibrio solo grazie al cazzo e alla salda presa del culo della zia, poi mi aggrappai alle mammelle e in quella posizione sentivo di potere imprimere maggiore pressione nella inculata. E ficcare in quel modo era stancante ma fantastico. Come un cane iniziai a leccarle le orecchie, la zia torse il collo e le nostre lingue si toccarono. E mentre l’inculata proseguiva con foga ci lappavamo le facce. Poi la zia aumento gli spasmi anali e compresi che non ce la facevo più a reggere la foga, cercavo di resistere, ma era chiaro che la zia voleva farmi venire. E allora mi arresi; urlai “Troia!” e con lunghi singulti sborrai nel profondo culo della mia cara dolce zia.
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