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Il nazista Priebke compie 100 anni

Written By Unknown on Monday, July 22, 2013 | 9:33 AM


   

TMNews

     

Priebke è libero, ecco le foto



Erich Priebke con la divisa da capitano delle SS
Priebke libero cittadino oggi
 

Priebke sta solo usufruendo del supplemento di libertà appena ottenuta con regolare permesso del tribunale; vale a dire tre «ore d’aria» in più ogni settimana, oltre le due che già aveva a disposizione. L’ex militare nazista sta scontando l’ergastolo in un appartamento di proprietà del suo legale, al centro della Capitale. A prendersi cura di lui c’era, fino a poco tempo fa, una donna che adesso per motivi di salute non può più seguirlo. Da qui la richiesta del legale affinché il suo assistito potesse muoversi più liberamente. Istanza accolta. Ma, se da una parte ha ottenuto una piccola vittoria, dall’altra deve fare i conti con nuovi limiti. L’uscita deve essere, infatti, programmata con largo anticipo, in modo da poter avvisare le forze dell’ordine un giorno e mezzo prima. I poliziotti che lo sorvegliano ogni giorno, inoltre, sono aumentati rispetto agli otto che erano già previsti in precedenza. Tutto questo per un costo che, secondo i calcoli dell’avvocato Giachini, ammonta a un milione di euro ogni anno. «Soldi che i contribuenti tirano fuori dalle proprie tasche», precisa il legale. «Per cosa poi? Un dispiegamento di forze esagerato per un uomo che ha quasi 100 anni, non esprime nessun tipo di pericolosità e non ha mai dato problemi di condotta.
Ma quanti, che hanno commesso anche omicidi terribili, dopo pochi anni, godono di totale libertà?
Ce ne sono tanti, ve lo assicuro. «E perché solo lui dev’essere privato dei diritti concessi a chiunque?». «Le istituzioni italiane collezionano un’altra brutta figura», replica l’artista e intellettuale Georges De Canino, figura di spicco della comunità ebraica. «Nessuno vuole accanirsi contro un vecchio; la Repubblica italiana può permettersi benissimo di far vivere con dignità, pur nella ristrettezza della libertà personale, un tipo come lui, ma non può permettersi di beffare la memoria. La memoria, per quanto ci riguarda, non è vendetta: è giustizia. E del resto la storia ha già espresso un giudizio severo sul capitano Erich Priebke: quando comandava la sede romana della Gestapo, la polizia segreta nazista, ha avuto forse pietà e considerazione per i moltissimi anziani, padri e nonni di famiglia, ebrei e non ebrei, che ha torturato barbaramente prima di mandarli a morire nei campi di sterminio?». Eppoi si dice: i corsi e ricorsi della storia. Già nel giugno del 2007, con un capolavoro di equilibrismo giuridico degno del manzoniano Azzeccagarbugli, il tribunale militare concesse all’allora novantatreenne Priebke il permesso di «recarsi, anche giornalmente e libero nella persona, nello studio del suo legale per rimanervi per l’arco temporale che avrà cura di segnalare con congruo anticipo alle autorità di polizia. «Mentre lavora – spiegava il magistrato militare- il detenuto potrà uscire, ma solo per soddisfare nei luoghi più vicini e per il tempo strettamento necessario, le indispensabili esigenze di vita». Il tutto, diciamolo francamente, in barba alla pena che, appunto, ha da scontare. Quando i giornali pubblicarono una foto dell’ex capitano nazista in sella allo scooter dell’avvocato Giachini scoppiò un comprensibile finimondo. «Il tribunale», commentò sarcastico Leone Paserman, presidente della comunità ebraica romana, ha preso alla lettera la scritta che campeggiava sul cancello del campo di sterminio di Auschwitz: Arbeit macht frei, il lavoro rende liberi». Sull’onda dello sconcerto popolare, un altro magistrato dello stesso tribunale revocò in fretta e furia il provvedimento del suo collega, ma non perché fosse ingiusto o illegittimo: Priebke aveva infatti dimenticato di comunicare alle autorità gli orari e le modalità dei suoi spostamenti. Ora ci risiamo. Ecco perché non hanno tutti i torti quelli che dicono che un criminale nazista è meglio perderlo che trovarlo viste le altissime probabilità di pessima figura che la legge (non solo italiana), ondivaga come le mille opinioni che ciascuno può esprimere sulla materia, rischia ogni volta di fare. L’interrogativo è sempre lo stesso: un graduato che in guerra ha commesso dei crimini obbedendo a degli ordini è legalmente responsabile oppure no? Su questo eterno dilemma uno come Priebke ha costruito il suo lungo flirt con la libertà. E non è il solo. Impareremo mai la lezione della storia, coniugando i diritti dei condannati con quelli, non meno importanti, delle vittime e dei loro familiari?
                      
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