ARRESTATA MOGLIE DEL DEPUTATO PD PIU’ VOTATO ALLE PRIMARIE- SI INTASCAVANO I CONTRIBUTI UE PER LA FORMAZIONE.
Nuova truffa nel sistema della formazione professionale in Sicilia. Guardia di finanza e polizia, coordinati dalla procura di Messina, hanno dato esecuzione a dieci ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari e ad una misura di sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio, per associazione a delinquere finalizzata al peculato e alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche destinate al finanziamento di corsi formativi nell’ambito di progetti approvati dalla Regione e finanziati con denaro proprio, dello Stato e del Fondo sociale.

Ai domiciliari anche Chiara Schirò, la moglie del deputato del Pd Francantonio Genovese. Il parlamentare messinese è uno dei big del partito democratico in Sicilia e a dicembre risultò il più votato in tutt’Italia alle primarie: Genovese raccolse 20 mila dei 24 mila voti espressi nella provincia dello Stretto. Arrestata anche la moglie dell’ex sindaco Giuseppe Buzzanca (Pdl), Daniela D’Urso. Entrambe avrebbero avuto un ruolo in due enti di formazione. L’accusa nei loro confronti è di è associazione a delinquere finalizzata al peculato e alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche destinate al finanziamento di corsi formativi nell’ambito di progetti approvati dalla Regione e finanziati con denaro proprio, dello Stato e del Fondo sociale europeo.
Nel mirino tre centri di formazione professionale attivi nella provincia di Messina: Lumen (Libera università mediterranea di naturopatia), Aram (Associazione per le ricerche nell’area mediterranea) e Ancol(Associazione nazionale delle comunità di lavoro). Le indagini, dirette dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dai sostituti Camillo Falvo, Fabrizio Monaco ed Antonio Carchietti, hanno accertato l’esistenza di un sistema grazie al quale venivano gonfiati i prezzi delle prestazioni di servizio o degli acquisti di beni necessari per l’attività degli enti. Provate prestazioni totalmente simulate, sovrafatturazione delle spese di gestione relative agli affitti, al noleggio delle attrezzature e quelle per la pulizia dei locali in cui venivano tenuti i corsi di formazione, anche grazie alla compiacenza di società i cui titolari erano a essi legati da vincoli di parentela o di fiducia.
Vi proponiamo questa mappa, aggiornata alla fine del 2012, prima di alcune variazioni volute dai Genovese. La società più esposta, sul fronte della Formazione, è la Training service: l’ azienda, con 11 dipendenti, ha ricevuto dall’ Avviso 20 – nel 2012 – due contributi dalla Regione: uno da 291 mila euro e l’ altro da 97.500. Quasi 400 mila euro. Ma altri seicentomila erano arrivati nel 2011. Un milione in due anni. A capo della Training c’ è un professionista, Antonino Astone. Ma la Training, almeno sino a dicembre, ha tre soci: oltre a Fabio Luciano Genovese (6,6 per cento), ci sono due aziende, la Geimm e la Gefim. Chi c’ è nella Geimm? Il 30 per cento è di Franco Rinaldi, ovvero il cognato di Francantonio Genovese che è stato il più votato deputato del Pd alle ultime regionali (18 mila preferenze).
Eccola, la matrioska che nasconde sette componenti della famiglia. Ma la connessione con il sistema della Formazione professionale è più larga: alla guida della Lumen (375 mila euro di contributo nel 2012) fino a dicembre figurava Elena Schirò. Che peraltro è la moglie di Rinaldi. E poi c’ è la famiglia politica di Genovese. C’ è Elio Sauta, amico di vecchia data del deputato e consigliere comunale del Pd fino a un mese fa, “patron” dell’ Aram, ente che fra l’ altro ha ospitato uno dei seggi delle “parlamentarie” del Pd a fine dicembre. L’ Aram nel 2012 ha ricevuto 875 mila euro dall’ Avviso 20, per l’ organizzazione di corsi. Sia Sauta che la moglie Graziella Feliciotto risultano indagati per truffa aggravata a Messina in un altro filone d’ inchiesta sulla Formazione professionale. Anche se la Regione ha chiesto all’ Aram la restituzione di 4,6 milioni di euro erogati come “integrazione finanziaria” per i costi del personale. E l’ ente si oppone.
Ora la magistratura, in un clima di assoluto riserbo, sta cercando di capire se questo intreccio nasconda un’ appropriazione o un utilizzo illecito dei fondi. Lui, Francantonio Genovese, il reuccio ex democristiano attraversa la bufera tradendo appena il suo aplomb: «Ho vissuto giorni migliori».
Ai domiciliari anche Chiara Schirò, la moglie del deputato del Pd Francantonio Genovese. Il parlamentare messinese è uno dei big del partito democratico in Sicilia e a dicembre risultò il più votato in tutt’Italia alle primarie: Genovese raccolse 20 mila dei 24 mila voti espressi nella provincia dello Stretto. Arrestata anche la moglie dell’ex sindaco Giuseppe Buzzanca (Pdl), Daniela D’Urso. Entrambe avrebbero avuto un ruolo in due enti di formazione. L’accusa nei loro confronti è di è associazione a delinquere finalizzata al peculato e alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche destinate al finanziamento di corsi formativi nell’ambito di progetti approvati dalla Regione e finanziati con denaro proprio, dello Stato e del Fondo sociale europeo.
Nel mirino tre centri di formazione professionale attivi nella provincia di Messina: Lumen (Libera università mediterranea di naturopatia), Aram (Associazione per le ricerche nell’area mediterranea) e Ancol(Associazione nazionale delle comunità di lavoro). Le indagini, dirette dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dai sostituti Camillo Falvo, Fabrizio Monaco ed Antonio Carchietti, hanno accertato l’esistenza di un sistema grazie al quale venivano gonfiati i prezzi delle prestazioni di servizio o degli acquisti di beni necessari per l’attività degli enti. Provate prestazioni totalmente simulate, sovrafatturazione delle spese di gestione relative agli affitti, al noleggio delle attrezzature e quelle per la pulizia dei locali in cui venivano tenuti i corsi di formazione, anche grazie alla compiacenza di società i cui titolari erano a essi legati da vincoli di parentela o di fiducia.
Genovese e famiglia spa. La holding del contributo
IL SISTEMA Genovese è una matrioska. Una bambola dentro l’ altra: ma in qualsiasi punto del giocattolo c’ è sempre un membro della grande famiglia del deputato. Un marchingegno oliato con i soldi della formazione professionale: se c’ è, o se c’ è stato reato, questo lo diranno i magistrati che indagano sul nucleo familiare più potente dello Stretto. Di certo, all’ esame del procuratore aggiunto Sebastiano Ardita ci sono le visure camerali che ricostruiscono l’ intreccio di società riconducibili al parlamentare del Pd.Vi proponiamo questa mappa, aggiornata alla fine del 2012, prima di alcune variazioni volute dai Genovese. La società più esposta, sul fronte della Formazione, è la Training service: l’ azienda, con 11 dipendenti, ha ricevuto dall’ Avviso 20 – nel 2012 – due contributi dalla Regione: uno da 291 mila euro e l’ altro da 97.500. Quasi 400 mila euro. Ma altri seicentomila erano arrivati nel 2011. Un milione in due anni. A capo della Training c’ è un professionista, Antonino Astone. Ma la Training, almeno sino a dicembre, ha tre soci: oltre a Fabio Luciano Genovese (6,6 per cento), ci sono due aziende, la Geimm e la Gefim. Chi c’ è nella Geimm? Il 30 per cento è di Franco Rinaldi, ovvero il cognato di Francantonio Genovese che è stato il più votato deputato del Pd alle ultime regionali (18 mila preferenze).
Il 5 per cento è di Marco Lampuri, nipote di Genovese. Il 14 per cento della Gepa e il 51 per cento di Cale service.
Altre due scatole che si aprono: nella Gepa, quasi per incanto, riecco Francantonio Genovese (45 per cento) con la sorella Rosalia (45). Nella Cale service, amministrata da Giovanna Schirò (cognata di Genovese), ci sono – ancora – Genovese con il 99 per cento e Rinaldi con l’ 1 per cento. Ma torniamo alla Gefin, presente nel capitale sociale sia della Training che della Gepa. È il cuore pulsante dell’ impero dei Genovese: è presieduta dal leader e nel cda siedono Lampuri, le sorelle Chiara, Elena e Giovanna Schirò, e la principale collaboratrice di Francantonio Genovese, quella Concetta Cannavò che è stata anche tesoriere del Pd di Messina fino alle dimissioni di qualche giorno fa. Tutti indagati. Eccolo, il reticolo magico dei Genovese.Eccola, la matrioska che nasconde sette componenti della famiglia. Ma la connessione con il sistema della Formazione professionale è più larga: alla guida della Lumen (375 mila euro di contributo nel 2012) fino a dicembre figurava Elena Schirò. Che peraltro è la moglie di Rinaldi. E poi c’ è la famiglia politica di Genovese. C’ è Elio Sauta, amico di vecchia data del deputato e consigliere comunale del Pd fino a un mese fa, “patron” dell’ Aram, ente che fra l’ altro ha ospitato uno dei seggi delle “parlamentarie” del Pd a fine dicembre. L’ Aram nel 2012 ha ricevuto 875 mila euro dall’ Avviso 20, per l’ organizzazione di corsi. Sia Sauta che la moglie Graziella Feliciotto risultano indagati per truffa aggravata a Messina in un altro filone d’ inchiesta sulla Formazione professionale. Anche se la Regione ha chiesto all’ Aram la restituzione di 4,6 milioni di euro erogati come “integrazione finanziaria” per i costi del personale. E l’ ente si oppone.
Ora la magistratura, in un clima di assoluto riserbo, sta cercando di capire se questo intreccio nasconda un’ appropriazione o un utilizzo illecito dei fondi. Lui, Francantonio Genovese, il reuccio ex democristiano attraversa la bufera tradendo appena il suo aplomb: «Ho vissuto giorni migliori».
Sanitopoli Abruzzo, condannato Del Turco a nove anni e sei mesi
(Adnkronos) - La sentenza è arrivata dopo quattro ore di Camera di Consiglio. Il 14 luglio 2008 lo scoppio dello scandalo che travolse la Regione con l'arresto del governatore, di assessori e consiglieri regionali, manager pubblici e privati. Nel procedimento interessate 25 persone e due società. Il pm aveva chiesto 12 anni
(Adnkronos) - L'ex governatore della Regione Abruzzo, Ottaviano del Turco, è stato condannato in primo grado a 9 anni e 6 mesi nel processo per la 'sanitopoli' abruzzese. Il pm aveva chiesto 12 anni.
Durante la lettura della sentenza, nel citare i capi di imputazione, il presidente del Collegio del Tribunale di Pescara Carmelo De Santis (Gianluca De Falco e Massimo De Cesare giudici a latere) ha attribuito all'ex governatore la condanna "a anni 9 e mesi 9" mentre sul dispositivo la pena è indicata in 9 anni e 6 mesi.
La sentenza è arrivata dopo quattro ore di camera di consiglio a cinque anni dallo scoppio dello scandalo che il 14 luglio 2008 travolse la Regione Abruzzo con l'arresto, oltreché del governatore Del Turco (centrosinistra), anche di assessori e consiglieri regionali, manager pubblici e privati. Nel procedimento giudiziario sono state interessate ben 25 persone e due società.
Con la decisione odierna il Tribunale ha inflitto oltre a quella di Del Turco (9 anni e 6 mesi) altre 8 condanne: all'ex parlamentare del Pdl, Sabatino Aracu, è stata inflitta la pena di 4 anni; all'ex manager della Asl di Chieti, Luigi Conga, 9 anni; all'ex segretario dell'ufficio di presidenza della Regione, Lamberto Quarta, 6 anni e 6 mesi; all'ex assessore regionale alla Sanità, Bernardo Mazzocca, 2 anni (pena sospesa); all'ex assessore regionale alle Attività produttive, Antonio Boschetti, 4 anni; all'ex capogruppo in consiglio regionale del Pd, Camillo Cesarone, 9 anni; a Francesco di Stanisalo, ex direttore dell'Agenzia sanitaria regionale, 2 anni (pena sospesa).
Il Tribunale ha inoltre condannato l'ex patron di Villa Pini Vincenzo Maria Angelini, grande accusatore di Del Turco, imputato e allo stesso tempo parte offesa, a 3 anni e 6 mesi. Sono stati invece assolti l'ex assessore regionale alla Sanità nella giunta di centrodestra Vito Domenici, Angelo Bucciarelli, ex segretario dell'assessore Mazzocca, e Gianluca Zelli, ex amministratore Humangest.
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Femen a seno nudo per Amina
Le attiviste protestano davanti all'ambasciata tunisina di
Un'attivista fermata dalla polizia
Encierro tragico a Pamplona
donna colpita dal toro
L'encierro: alle otto del mattino, inebriati dai bagordi della notte, con il sole ancora basso e l'aria fresca, rincorsi da tori scatenati che calpestano e incornano chiunque trovino a tiro. E' il "piatto forte" delle Sanfirmines, le feste di San Firmino, protettore di Pamplona, capitale della Navarra, che dal 7 al 14 luglio, ormai da secoli, richiamano migliaia di persone desiderose di provare il brivido di sfidare i tori evitando le loro corna. Ma l'edizione di quest'anno è tra le più sanguinose: un centinaio di feriti, 23 solo oggi.
Al settimo encierro hanno partecipato oltre duemila persone, un numero simile a quello degli altri, ma oggi si è creato una specie di 'tappo umano' che ha complicato le cose. Una delle porte di accesso alla plaza de toros era chiusa parzialmente e quando la marea umana vi è giunta correndo non è riuscita a entrare, subendo l'arrivo ad alta velocità dei tori. Molti hanno subito l'ira taurina: sono stati infilzati, alzati e poi sbattuti a terra, calpestati e ancora incornati, e solo l'intervento della sicurezza e degli altri corridori ha evitato guai peggiori. Ma la maggioranza dei feriti sono stati vittime della calca: tante le contusioni nelle cadute lungo le viuzze in pietra del centro storico di chi è rimasto calpestato da altri partecipanti. Tra gli incornati, due sono in condizioni gravi: un diciannovenne irlandese è in prognosi riservata, mentre a un ventenne statunitense hanno dovuto amputare un braccio.
---Al settimo encierro hanno partecipato oltre duemila persone, un numero simile a quello degli altri, ma oggi si è creato una specie di 'tappo umano' che ha complicato le cose. Una delle porte di accesso alla plaza de toros era chiusa parzialmente e quando la marea umana vi è giunta correndo non è riuscita a entrare, subendo l'arrivo ad alta velocità dei tori. Molti hanno subito l'ira taurina: sono stati infilzati, alzati e poi sbattuti a terra, calpestati e ancora incornati, e solo l'intervento della sicurezza e degli altri corridori ha evitato guai peggiori. Ma la maggioranza dei feriti sono stati vittime della calca: tante le contusioni nelle cadute lungo le viuzze in pietra del centro storico di chi è rimasto calpestato da altri partecipanti. Tra gli incornati, due sono in condizioni gravi: un diciannovenne irlandese è in prognosi riservata, mentre a un ventenne statunitense hanno dovuto amputare un braccio.
BARBARA BERLUSCONI, BACI HOT A LORENZO
Sembra quasi la favola di Cenerentola, solo che il ricco principe è una ricca ereditiera e la scarpetta è in realtà uno shaker.
Si tratta di Barbara Berlusconi e il suo nuovo fidanzato Lorenzo.
Il settimanale Oggi li ha immortalati mentre si abbandonano alla passione e si baciano incuranti dei paparazzi. Da poco finita la storia di Barbara con Pato lei, figlia dell'ex premier Berlusconi, punta a un uomo semplice e sceglie accanto a se uno studente di economia bocconiano che si aiuta lavorando in un bar.
Un amore, il loro, che non bada a classi sociali o a dichiarazioni di redditi, o forse si?
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DONNA NUDA ALLA GUIDA, FERMATA IN SVIZZERA.
"IL SUO AMICO AVEVA PERSO LA PATENTE"
Una donna di 27 anni completamente nuda è stata fermata alla guida di un'automobile controllata a un posto di blocco dalla polizia svizzera la notte scorsa nei pressi di Baar (cantone di Zugo, centro della Svizzera).
Lo ha riferito oggi l'agenzia di stampa elvetica Ats.
La donna - si è poi scoperto - si era messa in tutta fretta al volante della vettura al posto di un amico di 29 anni, sprovvisto di patente. Stando alla ricostruzione, qualche centinaio di metri prima del blocco stradale l'uomo si era fermato per cedere il posto di guida all'amica - senza che questa avesse il tempo di rivestirsi - dopo che la notte precedente era già stato fermato mentre guidava senza patente.
Interrogato dalla polizia, ha confessato il sotterfugio. Non è stato precisato perchè la donna fosse nuda.
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FIRENZE, SUORA ATTRAVERSA LA STRADA
DURANTE UNA GARA DI CICLISMO: 7 FERITI
Il gruppo stava transitando davanti ad una chiesa, quando una suora, forse non accorgendosi della gara, ha deciso di attraversare la strada all'improvviso.
La donna, di 75 anni, è stata investita dai ciclisti, ed è rimasta ferita insieme ad altri 6 atleti, che nell'impatto hanno avuto uno scontro al suolo molto violento.Neanche a dirlo, la gara è stata sospesa: i ciclisti hanno riportato traumi di varia natura, ma le loro condizioni non sono gravi.
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NAPOLI, MANIFESTO CHOC CONTRO EQUITALIA:
OTTO UOMINI NUDI. "BASTA FARCI MALE"
Otto uomini nudi fotografati di spalle e messi al muro con altrettanti cartelli a coprire in parte le terga e a indicare otto argomenti invisi ai consumatori (Rc auto, cartelle esattoriali, multe, Tarsu, lavoro, slot, rifiuti, sanità). Il manifesto choc 6x3 che da oggi tappezza molti muri e spazi di Napoli pubblicizza la campagna di iscrizione al movimento anti Equitalia 'Noi consumatorì. In alto la scritta 'Basta farci malè. Di lato l'invocazione che gioca sul doppio senso 'voltiamoci e salviamoci«. La campagna adesioni al movimento parte da Napoli ma - si precisa - riguarderà presto tutta la Campania e anche altre regioni italiane.
Da Montecarlo ai Parioli
An, faida sul patrimonio. Storace sfrattato dalla casa della contessa di Fini
Nel 2010 l'appartamento, eredità della Colleoni, finisce al leader della Destra. Sfrattato dalla Fondazione An, si rinchiude trasferendo lì il suo sito
Foto d'epoca datata 2001: da sinistra, Maurizio Gasparri, Gianfranco Fini e Francesco Storace
Si fa presto a dire Cosa nera. Mentre nella destra italiana che fu e che è si cerca di tornare all'unità e tamponare la diaspora di partiti, partitelli e movimenti, a mettere il bastone tra le ruote è una brutta storia di soldi ed eredità. In mezzo, c'è sempre la famosa donazione ad Alleanza nazionale della contessa Colleoni, quella per intendersi della casa di Montecarlo finita non si sa come al cognato di Gianfranco Fini, Giancarlo Tulliani. Questa volta, l'immobile della discordia è il palazzo di via Paisiello, nell'esclusivo quartiere romano dei Parioli. Di quel palazzo i vertici di An sapevano poco o nulla fino al 2010, quando scoppiò il caso Montecarlo. Allora, con Alleanza nazionale già in soffitta politicamente, assorbita dal Pdl, l'appartamento di via Paisiello andò a Francesco Storace. Il leader de La Destra, tra i grandi sostenitori della reuonion di destra, la definì "un'operazione di giustizia". La Fondazione An precisa di non aver mai concesso l'appartamento né a Storace né al movimento, e che al contrario, nell'ambito di due procedimenti civili, è stato accertato essere intervenuto uno "spoglio", anche da parte del movimento politico "La Destra" dell'immobile (con conseguente ordine dell'autorità giudiziaria di reintegrazione in favore della fondazione stessa).
Sfratto per Storace - Ora pare giunto il tempo della resa dei conti: la Fondazione An, nel cui Cda spiccano Maurizio Gasparri, Altero Matteoli, Gianni Alemanno e Ignazio La Russa, ha avviato le procedure di sfratto nei confronti dell'ex braccio destro di Fini nonchè governatore laziale. Ma il combattivo Storace non molla: "Che fai, mi cacci?" titola la home page della testata online da lui diretta, Il Giornale d'Italia, la cui redazione è stata trasferita in fretta e furia proprio nell'appartamento di via Paisiello. "Voglio vedere se avranno il coraggio di buttarci fuori. Venite a sottrarci il diritto di dare notizie, se ne siete capaci". La questione, però, non è solo ideale o di "giustizia". E' decisamente più concreta: si parla di soldi, di gestione dell'eredità, di presenza nella Fondazione An nel cui CdA Storace vorrebbe entrare: "Perché Gasparri e Matteoli, che vogliono andare in Forza Italia, possono decidere dei beni e del simbolo di An e io, che lo vorrei usare, invece no?". Se fosse nel CdA (solo La Russa ha dato la sua parola), il leader de La Destra chiederebbe per esempio che fine hanno fatto i 26 milioni che mancano all'appello.
La precisazione - Una precisazione sul "tesoretto" arriva sempre dalla fondazione An, che spiega come le verifiche siano già state compiute dagli ispettori nominati dal Presidente del Tribunale di Roma nel febbraio 2010, e ritratte dalla contabilità ufficiale. "Spese costituite - spiega la Fondazione An -, tra l'altro, da stipendi e Tfr, canoni di locazione, interessi passivi, restituzione contributi elettorali e transazioni con alcuni creditori, erogate, per circa l'80%, dall'organo in carica fino al mese di ottobre 2010, e, dunque, dal Comitato di Gestione precedente a quello presieduto dal sen- Franco Mugnai, attuale presidente della Fondazione Alleanza Nazionale".
Sfratto per Storace - Ora pare giunto il tempo della resa dei conti: la Fondazione An, nel cui Cda spiccano Maurizio Gasparri, Altero Matteoli, Gianni Alemanno e Ignazio La Russa, ha avviato le procedure di sfratto nei confronti dell'ex braccio destro di Fini nonchè governatore laziale. Ma il combattivo Storace non molla: "Che fai, mi cacci?" titola la home page della testata online da lui diretta, Il Giornale d'Italia, la cui redazione è stata trasferita in fretta e furia proprio nell'appartamento di via Paisiello. "Voglio vedere se avranno il coraggio di buttarci fuori. Venite a sottrarci il diritto di dare notizie, se ne siete capaci". La questione, però, non è solo ideale o di "giustizia". E' decisamente più concreta: si parla di soldi, di gestione dell'eredità, di presenza nella Fondazione An nel cui CdA Storace vorrebbe entrare: "Perché Gasparri e Matteoli, che vogliono andare in Forza Italia, possono decidere dei beni e del simbolo di An e io, che lo vorrei usare, invece no?". Se fosse nel CdA (solo La Russa ha dato la sua parola), il leader de La Destra chiederebbe per esempio che fine hanno fatto i 26 milioni che mancano all'appello.
La precisazione - Una precisazione sul "tesoretto" arriva sempre dalla fondazione An, che spiega come le verifiche siano già state compiute dagli ispettori nominati dal Presidente del Tribunale di Roma nel febbraio 2010, e ritratte dalla contabilità ufficiale. "Spese costituite - spiega la Fondazione An -, tra l'altro, da stipendi e Tfr, canoni di locazione, interessi passivi, restituzione contributi elettorali e transazioni con alcuni creditori, erogate, per circa l'80%, dall'organo in carica fino al mese di ottobre 2010, e, dunque, dal Comitato di Gestione precedente a quello presieduto dal sen- Franco Mugnai, attuale presidente della Fondazione Alleanza Nazionale".
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